Nel 1928, per commemorare il decimo anniversario della vittoria della Grande Guerra (4 novembre 1918), furono coniate le monete da 20 lire d'argento del tipo "Fascio littorio", conosciute anche con il nome di "Elmetto" o "Cappellone", che riportano, nel rovescio, l'iscrizione con il motto meglio vivere vn giorno da leone che cento anni da pecora, attribuito all'Ignoto Fante del Piave [MdF 1940, pp. 33-34]. Secondo quanto riportanto nella RN [1929, p. 31], di questa moneta da 20 lire "... ne è stato coniato un ristretto numero di esemplari in oro, che sono stati offerti a S.M. il Re, ai Marescialli d’Italia [7], al Grande Ammiraglio e ad alcune fra le più alte Autorità dello Stato."
Di questa emissione aurea, ci danno notizia solo RN [ibid.] e Lanfranco [1933c, p. 279, n. 189]; tutavia, la posizione di quest'ultimo in merito alla finalità dell'emissione in oggetto è alquanto discutibile. Infatti, nonostante la dicitura oro prova, posta nel rovescio, è del tutto evidente che non si tratta né di un progetto né di una prova di moneta, sia perché una tale emissione in oro non è stata inclusa in alcun decreto, sia perché una eventuale sua emissione, causa l'alto contenuto d'oro in essa contenuto, non era assolutamente ipotizzabile. Inoltre, è da porre in rilievo il fatto che, di questa emissione, non esiste alcuna documentazione che ne attesti la lavorazione, il quantitativo prodotto e la provenienza del metallo utilizzato; addirittura, al re ne fu donato un solo esemplare, successivamente sostituito con un esemplare falso (segnalato per mezzo di una mia perizia), a fronte dei due consueti. Risulta, pertanto, del tutto evidente che, approfittando della produzione in corso delle prove dell'analoga moneta d'argento commemorativa del decimo anniversario della vittoria, qualcuno - non è dato sapere chi - ebbe l'iniziativa di fare realizzare degli omaggi, impropriamente associati ad una prova di moneta, ben più importanti di semplici monete d'argento. In ogni caso, in ottemperanza alle disposizioni vigenti, non si mancò di fare pervenire al Museo della Zecca di Roma i consueti due esemplari, che, al pari di quello della Collezione Reale, furono successivamente trafugati. A tale proposito, abbiamo rilevato la seguente testimonianza di uno studioso che ha chiesto di non essere citato: "Durante la mia visita studio, nel settembre 2000, potei vedere i cartellini di catalogazione riferiti alla moneta oro prova (che già mancava nelle bacheche) accompagnati da due monete da centesimi 50 leoni. Detti cartellini, attirarono la mia attenzione in quanto non in linea con quanto esposto, essendo le monete di prova classificate per data. Notai l'incongruenza e chiesi come mai non fossero presenti le monete da lire 20 Marescialli d'Italia. La mia richiesta destò stupore e venne fatto un accertamento immediato sui cartellini, che confermò, purtroppo, la sparizione delle due monete in oro."
Quest'emissione d'oro presenta, nel rovescio, l'iscrizione con il motto disposta su sei righe, anziché le sette della corrispondente moneta d'argento; tuttavia, esistono dei falsi che presentano la citata iscrizione con il motto disposta, come nella moneta d'argento, su sette righe ed è con uno di questi falsi che è stato sostituito l'esemplare d'oro della collezione reale.
Mancando tutti i requisiti che contraddistinguono una moneta vera e propria (così come le sue eventuali prove), sia normativi sia di funzione, questa emissione aurea può essere classificata come di campione, coniata appositamente per effettuare degli omaggi destinati alle più alte autorità militari dello Stato.